«Oh! Arbitro!»
Indica il punto di contatto
mimando l’azione fallosa subita,
gonfia le guance, sgrana gli occhi (uno un po’ meno…)
ed espira stonato:
«Balìsta!»
Ma l’arbitro non vede e non sente.
Non c’è. Lascia correre.
E lui corre!
Con quei polpacci grossi il doppio,
ma lunghi la metà,
scatta, chiama palla, la riceve, dribbla, tira e fa gol.
Di solito un bel gol.
Più o meno funziona così
quando si fa partitella alla fine di educazione fisica:
dieci minuti di calcetto e un paio di gol di Tommy
(non importa se vince o se perde, lui comunque la mette).
Poi in spogliatoio
a commentare le azioni,
le compagne di classe,
i diari segreti
e «ma quanto siamo sudati?».
Che ridere.
In fretta però!
Ché poi si corre dietro ai banchi,
ché abbiamo sei ore, oggi.
(Pollice e indice uniti a cerchio.
Om sotto le spalle. Guardato – Bum!
Secca)
«Andiamo in biblo poi?»
«Si, dai. Domani c’è compito»
«Vengono anche le ragazze con gli schemi…»
E poi vabbe’,
ho ancora voglia di stare con voi e riderci su.
Ché studiare da solo non è lo stesso,
ché oggi c’è pure il sole
e un tappeto di polline su cui starnutire.
E allora mangiamo, ci sediamo e cominciamo.
Stai serio.
(«Oh yes,
I’m the great
pretender!
-in coro-
Uh! Uh!»)
«Shhh! Silenzio! Non si riesce a studiare!»
qualcuno rimprovera.
Ma anche se la bocca trema
tentando di restare chiusa,
gli occhi sghignazzano gonfi
come le guance già piene di risate,
che fragorose,
esploderanno comunque.