Happy ending
Il finale più amaro è ogni giorno che finisce,
e ricomincia con le stesse dinamiche di quello passato;
identico in un’infinità di versioni diverse:
cambiano attori e scenografie;
il film è uno solo.
Il lieto fine non esiste, non esiste una fine.
È un rincorrere l’unica vita che si possiede,
il tesoro più grande e il più banale:
a ogni passo, miliardi di passi si muovono, si fermano,
unici e massa nello stesso tragico modo.
Rincorriamola la vita! Rincorriamoci, sfioriamoci!
Abbiamo una banca d’esperienze che ci è dato compiere:
le scegliamo ogni giorno cogliendole da un grosso scatolone
e le facciamo nostre e irripetibili.
Presuntuosi.
Scappare dalla ruota è impossibile;
uscire dalla monotonia umana significa cambiare specie,
fisica e pianeta.
Non esiste il nuovo?
È tutto già presente nello scatolone?
E una novità è solo un aver cercato meglio
o un gran colpo di fortuna?
Perché sono spinto a rispondere con un sì a queste domande?
È solo un’altra biglia che tiro fuori dal mio scatolone?
Credo di sì,
credo lo sia anche questa ultima affermazione.
E tutto il resto.
Rincorriamo la vita,
rincorriamo l’amore,
e pensiamo di essere speciali.
Presuntuosi.
È uguale per tutti.
Facciamo domande e rincorriamo risposte;
passano i giorni e tutto viene dimenticato;
tutto ridomandato;
tutto rivissuto.
Cambia il cast, cambia l’epoca e la scenografia, la tragedia resta; come la speranza e la ricerca di qualcosa di nuovo,
di meno amaro,
di più bello,
che alla fine arriverà e metterà a posto tutto:
un lieto fine.
Non esiste.
È tutto qui.
È già qui.