Quasi tutto oggi è innaturale
Andiamo ancora più avanti
Non torniamo indietro mai
Il fascismo è violenza, in tutto. Dalla teoria, alla comunicazione, alla pratica. Credere: violenza. Obbedire: violenza. Combattere: violenza. Violenza contro chiunque non sia o non possa essere d’accordo con la sua violenza, con il suo razzismo, con il suo maschilismo, con il suo sessismo, con la sua omofobia, con la sua ignoranza, con il suo potere.
Sottovalutare il fascismo è come sottovalutare la violenza. Se e quando se ne comprende la gravità, spesso è già troppo tardi.
Antifascismo = antiviolenza.
Contro il fascismo e contro la violenza.
Capisco che sia logico
Vendere esseri umani
Capisco che sia logico
Lavarsene le mani
Capisco che sia logico
Usare la violenza
Capisco che sia logico
Che non puoi starne senza
Capisco che sia logico
Che il privato sia pubblico
Capisco che sia logico
Ma non capisco il motivo
Ogni persona è la divinità di un qualche mondo. Divinità salvatrice per alcuni, distruttore per altri.
E questo potrebbe implicare l’esistenza della divinità, ma implica solamente l’esistenza di colui o colei che la impersonifica, che di divino non ha ovviamente nulla.
I media ci portano sempre più spesso a emettere giudizi universali ridicoli, per quanto sensati possano sembrare in apparenza, e magari anche in sostanza. Giudizi su quello che non si conosce, ma che viene mostrato.
Storie prive di una rilevanza sociale, ne assumono una nel momento in cui i media ne condividono una parte. I momenti di conversazione vengono indirizzati verso i temi in prima pagina. L’interesse personale soccombe a quello mediatico.
Il pensiero mal sopporta le interferenze, le notifiche. E il fastidio di venir disturbati e dirottati da sé si materializza in giudizi universali definitivi e insormontabili, che si creano davvero, dentro e fuori le persone, e lì rimangono.
Giudicare anche il più stronzo di tutti solo da fonti media, non ha alcun senso. Di più: è una perdita di tempo. Una distrazione colossale.
Questa distrazione potrebbe anche arricchire, chi è povero di argomenti. Ma saranno le sue argomentazioni, povere e per nulla solide. Più vere che mai, magari. Perché nel frattempo l’argomentazione errata prende vita, se si è portata dietro abbastanza follower. Qualcosa di cui parlare nella vita reale. Qualcosa che la cambia davvero la vita. Al bar, a cena con i genitori, al pranzo di lavoro. E si agisce di conseguenza. Anche contrastando le argomentazioni e le notizie dei media. Una fatica immane. Tempo buttato. Giudizi dolorosi e folli. Religiosi.
Ma chi non disturba difficilmente viene percepito, da chi è già distratto da tutto.
Quindi, per chi produce notizie e contenuti, da condividere pubblicamente o da vendere privatamente, o entrambe, si tratta di interessare senza disturbare, oltre che per gentilezza e professionismo, anche per riuscire a raccontare al meglio la propria storia, per farsi capire.
Non è che i distratti non capiscano nulla. Siamo tutti distratti. Tranne momenti. Rari.
Siamo sempre in cerca di distrazioni dove dirigere la nostra attenzione. Le timeline, i titoli raggruppati, i feed. Utilissimi, chiaro. Ma funzionano esattamente così: distraggono. Pur ricercando e magari trovando quello che ci interessa, nessuno passa indenne attraverso il flusso di informazioni che quel qualcosa ricercato porta con sé.
O si sa già dove andare a guardare, ma allora non si può certo definire una ricerca, oppure non si scappa.
Un’attenzione selettiva (si dice così?) sviluppatissima, servirebbe. Oppure una memoria capace di analizzare le informazioni senza interiorizzarle e quindi senza essere disturbata, senza far cambiare strada al cervello, senza distrarlo. Un passaggio indolore e che non lasci segni.
Ma i nostri occhi vedono anche quello che pensiamo di non vedere, le cose poco importanti che vorremmo tralasciare. I nostri sensi lo fanno. Perché distrarsi oggi non è mai stato più importante. Lo è, perché se non ti distrai non ti interessi a quel che interessa gli altri, e rischi di rimanere focalizzato su qualcosa che magari (ed è quasi certo) non interessa a nessuno.
Disturbare e farsi disturbare per esserci, adesso.
Ché di noi rimarrà forse solo il disturbo: l’atto che ha richiesto l’attenzione di chi ne è stato disturbato. Se poi il disturbo abbia portato o meno un arricchimento del disturbato, sarà l’unico indice affidabile, ma non misurabile, della qualità dell’interferenza causata, della storia raccontata, della distrazione proposta, dell’attenzione rapita.
I cartoni animati giapponesi anticipano quella che sarà la visione del mondo del bambino, una volta adulto.
Perchè i giapponesi hanno già vissuto la fine del mondo, e il mondo che ne risulta. Sono abituati alla fine.
Si tratta di condizionamenti, forse, o di predizioni, involontarie magari, creative, a lunga gestazione.
Il mondo fuori è uguale o ti sembra tale a quello di quel cartone lì. 20 o 30 anni fa.
se per fortuna non si rimane mai soli
poi non si finisce mai di fare
ma è un’occasione buona per terminare
la chiusura di una forma
il senso che la precede
la comprensione che ne consegue
affilare lame per poi tagliare il pane
darsi da fare per mangiare
ottimizzare
continuare a creare
anche quando sembra di cucinare
togliere ogni automazione cerebrale per creare
faticoso
ma generoso
il tempo si riempie di cose nuove
piene
e smette di passare e basta
lascia qualcosa di importante
un regalo
prima di un venerdì
durante il venerdì
poi passa il venerdì
e siamo ancora qui
più poveri e contenti
ma è già lunedì
Lo scopo della vita è giungere a una propria verità.
Il senso della vita è cercare la propria verità. Una volta che la trovi, vivi.
E continui a vivere.
Perché lo scopo della vita è giungere a una propria verità.
E il senso della vita è cercare la propria verità.
Ma una volta che la trovi, vivi.
E continui a vivere.
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