T.O.O.L. vs HMNSHT
Lightning storm VS music storm is T.O.O.L. vs HMNSHT
The Origin Of Life (2016) vs Hmnsht (2008)
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The Origin Of Life (2016) vs Hmnsht (2008)
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09/01/2016
> PADOVA REGGAE-DANCEHALL CONNECTION 5
w/ BOMCHILOM, MR. ROBINSON, JUNGLE FEVER, ROUGH & TOUGH, PUPA GIARRET, FOUNDATION HI-FI, PLEASURE VIBES, DJ FRANCK
@ C.S.O. PEDRO – PADOVA
★★ FIRE HALLOWEED 11 ★★
BIG “Bolo Inner Ground” LUGI, TRIX, MADKID, KATZUMA, MODDI
hosted by BOMCHILOM @ C.S.O. PEDRO – PADOVA, 31-10-2015
Il Mercato ha vinto.
Fottiamocene.
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https://www.facebook.com/Hypeswagconspiracy
♛ HYPE @ HOLI 2015 ♛ 20.06.2015, Sherwood Festival, Padova
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Barcellona è disseminata di cannabis social club, ma tra le sue strade non ci sono insegne che ne indichino la presenza: se vuoi trovarne uno, devi sapere già dove andare e se hai dei dubbi conviene controllare su Google Maps l’indirizzo esatto. Però non basta, devi anche conoscere qualcuno che ti ci porti, che ti presenti ai titolari e che ti faccia entrare, prendendosene la responsabilità. Serve inoltre farsi una tessera, fornire i propri dati, essere maggiorenni e pagare l’iscrizione annuale all’associazione. Poi, si è liberi di entrare, e consumare cannabis di qualità, liberamente.
È come entrare in un circolo, in un domicilio privato per fumatori, accogliente e con filtri dell’aria, tavolini, sedie, divani, angolo bar e un cannabis menu, con su scritti i nomi e le caratteristiche delle varietà disponibili. Indica o sativa, quantitativi e percentuali di THC e di CBD per ogni qualità proposta, modalità di coltivazione attuata, gusti ed effetti. I costi, indicati al grammo, vanno dai 6 ai 9 euro circa. Questi non indicano il prezzo di vendita, ma l’ammontare delle donazioni che il socio devolve all’associazione per aver coltivato cannabis al posto suo. Perché i club, associazioni non profit, non vendono.
Il senso dei cannabis social club è proprio questo: coltivare cannabis per i propri soci, per facilitarne un consumo consapevole e di qualità, senza che questi ricorrano a coltivazioni improvvisate o al mercato nero. Mercato nero che, oltre a ingrassare gruppi criminali vari, non garantisce nulla al consumatore, per quel che riguarda qualità, integrità e conseguente utilità del cannabis, sia a scopo medico che ludico, ma anzi ne moltiplica i rischi. Per esempio quelli legati a cattive modalità di conservazione delle infiorescenze, che possono causare muffe e funghi nocivi, tra le altre. Inoltre c’è anche la non trascurabile questione che si tratta di una sostanza illegale, e che venire scoperti con della cannabis addosso, in tasca o in corpo, comporta inutile stress psicologico e fisico, oltre a sanzioni più o meno gravi, amministrative o penali che siano, inutili tanto quanto.
Dal report EMCDDA del 2015 emerge che in Europa le persone che hanno provato la cannabis almeno una volta nella vita sono 78,9 milioni, di cui 19,3 milioni solo durante l’ultimo anno. Sono numeri enormi. E la prevalenza del consumo di cannabis è di circa 5 volte superiore a quella delle altre sostanze. Se poi si pensa che nel vecchio continente 8 sequestri su 10 riguardano proprio la cannabis e che la percentuale dei reati contro la legge sulle sostanze stupefacenti legata al consumo di cannabis è al 63% del totale, si capisce che esiste un problema legislativo che si scontra con gli usi comuni dei cittadini europei. E i cittadini europei siamo noi, cosa che dovrebbe facilitare il cambiamento delle leggi che ne regolano gli usi.
In Italia, la coltivazione di cannabis con THC non è permessa dalla legge, nemmeno per uso personale. Con le dovute precauzioni si può invece già coltivare solo quella a scopo industriale, tessile e alimentare. Inoltre, l’uso a scopo terapeutico è permesso, ma le trafile e le lungaggini burocratiche (sia per i medici che la prescrivono ché per i pazienti che ne usufruiscono) fanno in modo che in pratica non sia possibile. Senza contare il prezzo altissimo del cannabis medico e legale (tipo sui 35 euro al grammo…). Così in pratica, l’unico modo per procurarsi la cannabis, senza andare in bancarotta e senza aspettare secoli, è ricorrere al mercato nero, che si serve di chissà quale cannabis coltivata non si sa dove. Con tutto ciò che ne consegue, per quel che riguarda ordine pubblico, salute e sicurezza pubblica e privata.
Fortunatamente però in Europa (e in molte parti del mondo) qualcosa si sta muovendo e in Spagna si sono già mossi molto, anche se la strada è ancora lunga, e anche se la situazione legale riguardo la cannabis non è poi così chiara, nemmeno ora, nemmeno lì. Le zone grigie rimangono infatti ancora ampie e indefinite. Fuori dal cannabis social club o da un qualsiasi altro domicilio privato, per esempio in strada, non si può avere cannabis addosso, pena il sequestro dei fiori e un verbale che sarà consegnato a un giudice che ne giudicherà la gravità ed emetterà le “dovute” sanzioni: amministrative, per modiche quantità, o penali se verrà rilevata attività di spaccio. Ma se posso procurarmene in cannabis social club, poi non posso portarmela a casa? Appunto… E i club che coltivano e portano al club la cannabis? Appunto…
Difficile, no? Si, abbastanza. Ma meglio che niente, o anche molto bene, direi io.
La coltivazione, la cessione, la condivisione, il possesso e la vendita di cannabis, sono infatti ancora poco o mal regolate in buona parte del pianeta, ma qualche spiraglio positivo si intravede all’orizzonte, ogni giorno di più, grazie al lavoro di degli attivisti, politici e professionisti (vedi ENCOD e FAC) e grazie al fatto che in molti si stanno accorgendo nuovamente dell’utilità oggettiva della pianta, merito anche dei dati e dei soldi raccolti (TANTI) negli ultimi anni in Europa e durante le nuove esperienze americane, come in Colorado e in Uruguay.
Essendoci perciò più studi scientifici sulla cannabis che su molte altre sostanze legali, ed essendo appurato dalla gran parte di questi che non si tratta di una sostanza pericolosa o dannosa, ma che anzi viene ben tollerata dal corpo umano e può essere molto utile per una quantità incredibile di applicazioni e cure mediche (visti anche i lievi, transitori ed eventuali effetti collaterali), non dovrebbe servire più di tanto ricordarne per l’ennesima volta le qualità e la quantità di usi possibili (alimentari, industriali, energetici, ludici), ma invece serve.
Non è solo una questione di denaro e di poterne fare molto (perché è chiaro che se ne può fare parecchio, sia per i privati che per lo stato), ma è anche una questione medica e non profit, di diritti e libertà personali e universali. E di legalità, pure.
Trovare un riparo dalla legge e dalla criminalità dentro a un cannabis social club spagnolo, per esempio, che può esistere grazie alla legge stessa e allo spirito di iniziativa di cittadini responsabili, è una cosa bella. È come leggere l’inizio di una storia a lieto fine di un sistema che funziona e che potrebbe funzionare meglio. E il lieto fine è proprio questo: tentare di far funzionare meglio le cose, sapendo che ce la si può fare, un po’ alla volta. E queste cose farle bene, ché è un attimo perdersi via, in una questione grande come quella del cannabis, materia prima da sempre.
In Italia siamo sempre più pieni di associazioni, professionisti e aziende serie del settore, perché di canapa ne consumiamo molta e siamo sempre stati bravi a coltivarla e a lavorarla. Inoltre, la nostra canapa era ed è tra le migliori al mondo. È quindi anche un’opportunità di produrre e proporre prodotti d’eccellenza made in Italy. Perché, come anticipato, con la canapa si possono fare tante cose, oltre a stare bene e divertirsi. Curarsi, per esempio, lenire il dolore, produrre tessuti e materiali ecologici, cucinare alimenti preziosi e buonissimi, condividere sapori e conoscenze. Ma le leggi devono cambiare. Bisogna regolamentare la questione. Permettere l’autoproduzione. Legalizzare. Toglierla dall’illegalità. Rendere la cannabis legale. C’è già una proposta di legge, presentata da un intergruppo parlamentare e co-firmata da 220 parlamentari (e calendarizzata in Parlamento per il prossimo trimestre!), che prevede la legalizzazione di consumo, vendita e coltivazione, seppur con alcuni (molti) limiti. Ma meglio di niente, o anche molto bene, direi io. Perché da qualche parte bisogna cominciare. E non si tratta solo di poter fumare in libertà, per divertirsi. Molti malati non possono più aspettare. Oppure? Oppure, di nascosto, facendo far soldi (troppi) a qualcuno che non siamo noi, né lo il nostro Stato, per avere del cannabis di cui non sappiamo nulla, o quasi. Quando con una regolamentazione adeguata, con l’autoproduzione e con le possibiltà non profit offerte dai cannabis social club, si potrebbero riprendere le redini della questione. E creare benessere diffuso, con poche o nulle controindicazioni. Almeno sulla carta. Ché il mercato di solito poi si mangia comunque tutto. Ma questa è un’altra storia: la solita. Basta saperlo e agire (!) di conseguenza, as usual.
In “Barcelona Cannabis Social Club”, un video reportage che ho realizzato assieme a Giacomo Imperatori, cerchiamo di approfondire il tema dei cannabis social club a Barcellona, ascoltando posizioni e idee diverse, per offrire un ampio spettro di giudizio su di un argomento ancora così controverso e spinoso. Abbiamo quindi intervistato i rappresentanti di due associazioni cannabiche (A.C.A.M. e Mariland), un avvocato, il responsabile PR dei Mossos d’Esquadra, un coltivatore di cannabis e la direttrice dell’Hash, Marihuana, Cáñamo & Hemp Museum di Barcellona, e montato assieme le loro testimonianza, per giungere a una visione più globale del fenomeno.
Prodotto da 0MRKT con il supporto di Nessuno in post produzione, il video integrale di “Barcelona Cannabis Social Club” è disponibile gratuitamente sul canale 0MRKT_white di YouTube a questo indirizzo: http://youtu.be/Dku7TAzLLgE e lo si può guardare in Full HD (1080p) con i sottotitoli in italiano, in inglese e in spagnolo. Il sito ufficiale di Barcelona Cannabis Social Club è www.bcsc.eu, mentre la pagina Facebook si trova al seguente indirizzo: www.facebook.com/bcsc.eu. Buona visione! E speriamo bene…
(Free weed!)
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